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Lipidi

Ultimo aggiornamento 04/03/2024

Frazione insaponificabile

La frazione insaponificabile è tutta quella parte di sostanze che rimane dopo saponificazione dei lipidi di origine naturale. Sia gli oli che le cere naturali contengono una frazione insaponificabile, gli oli in percentuali basse, mentre le cere in percentuali maggiori. Il nome deriva dalla reazione di saponificazione, ovvero un’idrolisi basica del legame estere.

La frazione insaponificabile comprende sostanze di diversa natura:

  • Idrocarburi – come squalano, squalene e karitene
  • Pigmenti – carotenoidi e clorofille
  • Vitamine liposolubili – come la vitamina E (tocoferolo)
  • Steroli – colesterolo e fitosteroli
  • Alcoli grassi – a lunga catena sia saturi che insaturi

Pesantezza degli oli, cosa vuol dire?

Spesso nei forum di cosmesi si leggono termini per indicare gli oli come “pesante” e “leggero”. Ma cosa vogliono dire questi termini in termini quantitativi?

Capire la pesantezza degli oli che si utilizzano è indispensabile per formulare un buon prodotto. La fase grassa di un prodotto cosmetico spesso è composta da miscele dei vari tipi di lipidi nominati sopra. Questo si fa per diverse ragioni:

  • Il film lipidico della pelle non è composto da un solo tipo di grasso, ma comprende trigliceridi, cere e anche emulsionanti come il colesterolo. Nel cosmetico si cerca di mimare un po’ la composizione del film naturale della pelle per aumentare la tollerabilità al prodotto.
  • Mescolare diversi lipidi permette di ridurre la concentrazione di ciascun singolo componente della miscela, riducendo il rischio di tossicità e di reazioni collaterali.
  • La miscela di lipidi modifica la percezione sensoriale del prodotto e ne controlla caratteristiche come l’untuosità, la spalmabilità e la scorrevolezza.

Normalmente, quindi, si preferisce usare miscele di lipidi. Spesso la miscela comprende oli, burri, cere, esteri e gli altri tipi di lipidi menzionati sopra, leggeri e pesanti. Il termine “pesantezza” indica molto semplicemente in termini qualitativi la densità dell’olio. Un olio con densità elevata verrà classificato come “pesante”, uno con densità media “medio”, … e così via. In base al tipo di pelle a cui è destinato il prodotto e alla sua applicazione, la miscela avrà preferibilmente oli leggeri o oli pesanti al suo interno.

Per fare un esempio: nel caso io debba trattare una pelle giovane, acneica e grassa, non andrò a sovraccaricare la mia crema di oli pesanti, ma piuttosto sceglierò una buona combinazione di oli leggeri e leggerissimi. Questo non vuol dire che in un caso del genere gli oli pesanti non debbano comparire!

Ecco alcune densità di oli usati in cosmesi:

OlioDensità a 20°CCategorizzazione qualitativa
coco-caprylate0.86olio leggerissimo
olio di jojoba0.87 – 0.873olio leggero/molto leggero
olio di argan0.906 – 0.919olio leggero
olio di rosa mosqueta0.915 – 0.930olio medio
olio di ricino0.969olio pesante
tocoferolo0.96olio pesante
burro di karitè0.91-0.98burro
cera d’api0.96-0.98cera
Pesantezza di oli, cere e burri naturali [1,2,3,4,5,6,7,8]

Per essere precisi, la pesantezza degli oli si riferisce al loro peso molecolare. Tuttavia, siccome spesso gli oli e le cere naturali sono miscele dal peso molecolare sconosciuto o non misurabile, la densità rimane uno stimatore molto più facile da misurare e trovare in letteratura.

Instabilità dei lipidi

Ogni lipide citato sopra può essere soggetto a diverse trasformazioni chimiche, come l’irrancidimento, la polimerizzazione e l’idrolisi.

Un lipide è definito termolabile quando tende a subire facilmente una di queste modificazioni a temperature maggiori della temperatura ambiente. Conoscere se il nostro olio o grasso è termolabile o meno permette di decidere se metterlo a contatto con il calore sia una buona idea oppure no. In presenza di ossigeno, il calore è un fattore che accelera di molto la reazione di ossidazione dei materiali lipidici, ovvero l’irrancidimento, tanto che viene utilizzato come metodo ufficiale per l’analisi della resistenza dei lipidi all’ossidazione.

Altri fattori come i raggi UV, presenza di insaturazioni nella catena e ioni come Fe2+ e Cu2+ accelerano il processo di irrancidimento e possono portare alla polimerizzazione dei lipidi.

La presenza di batteri, invece, può idrolizzare i lipidi, visto che molti di questi ingredienti sono una grande fonte di energia e nutrimento per i microorganismi. L’attività enzimatica delle lipasi batteriche è causa di grandi alterazioni per queste materie prime.

Materiali come antiossidanti, sequestranti, filtri UV o gas inerti rallentano il processo di ossidazione in diversi modi, allungando la vita dei materiali lipidici.

  • Gli antiossidanti sono sostanze che si sacrificano al posto dei lipidi, ossidandosi al posto loro. Agiscono attirando i radicali liberi su di sè e bloccando quindi la reazione a catena che altrimenti procederebbe fino a che tutto il grasso si è completamente ossidato. Solo quelli lipofilici si miscelano con i lipidi: tra questi spicca il tocoferolo o vitamina E, ma esistono anche altri antiossidanti naturali, come il carnosolo, prodotti dalle piante proprio per questo scopo specifico.
  • I chelanti o sequestranti sono sostanze che legano i metalli, bloccandoli in complessi normalmente solubili in acqua. Gli ioni sono così bloccati e non sono disponibili ad iniziare il processo di ossidazione. Tra i chelanti più usati ci sono l’EDTA e l’acido fitico.
  • Alcuni inibitori enzimatici come il trietil citrato agiscono per impedire l’idrolisi dei lipidi, inibendo l’azione enzimatica dei microorganismi. Particolare uso di questo ingrediente è nei prodotti deodoranti.

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